Nella mia memoria rimangono le brevi soste a Maggio quando, di ritorno dai campi di sci, il papà ci portava a salutare uno dei tanti cugini della nonna.
Felice, si chiamava…o forse Giovanni… Poco importa, visto che di lui rammento solo il dettaglio di una cucina popolata di presine create con l’uncinetto.
E poi le passeggiate nei luoghi che avevano accolto mio padre, suo fratello minore e la nonna, sfollati durante la guerra.
Qualche foto, trovata nella casa ormai vuota dei miei, li ritrae davanti ad una cascina. Le teste dei bambini rasate a zero, per timore dei pidocchi. Un telo sul prato, sorrisi di volti a cui non riesco ad associare un nome. Storie ormai chiuse nel silenzio dell’oblio.
Ho cercato quella cascina oggi e la casa di Felice e i prati dove coglievo i fiori da bambina e la discesa che percorrevo con lo slittino in inverno, ma tutto appartiene solo al passato.
Ore 11:10, mi guardo attorno.
Maggio non è più quello che ricordavo.
Sono spariti anche i racconti che il papà rievocava, quelli del cantastorie (un vecchio zio) che ogni sera intratteneva donne e bambini nella stalla. Tutti restavano appesi al filo della sua voce, capace di esorcizzare persino l'orrore della guerra.
Parcheggiamo l’auto nei pressi della chiesa e proseguiamo lungo la strada asfaltata verso la fontana di San Lorenzo.
Alla sua sinistra ha inizio il sentiero che porta al Culmine.
Un’ora circa di cammino, lungo un percorso sterrato dalla pendenza costante, all’ombra di un fitto bosco di castagni e frassini, oggi stranamente privo di profumi.
Pochi i fiori, ad esclusione di una marea di soffioni…